I giorni che seguirono i fatti della sparizione della cassa furono particolarmente strani; il pensiero che il Fumoso fosse stato violato, tradito dall’interno, aveva reso i rapporti particolarmente freddi e sospettosi. Per rimettere le cose a posto e rinsaldare un rapporto logorato, Roxanne decise di organizzare una cenetta nel suo piccolo, ma delizioso appartamento.
La comitiva arrivò in ordine sparso. I primi furono Jack Daniel e il Lurido, in anticipo dal momento che erano stati cacciati dal bar, per cui alla ricerca di qualcosa con cui affogare il loro cronico bisogno di alcool. Poi fu la volta del Cinese, di Pinochet e del Turco. Io ero arrivato una mezzora prima in modo da poter aiutare Roxanne negli ultimi preparativi; non ero solo, ma in compagnia di Ubaldo, prelevato di fronte al Fumoso in un evidente stato di eccitazione.
Roxanne aveva preparato un sacco di prelibatezze, buona parte delle quali traevano origine dalla cucina americana: pancakes, hot dog, hamburger, uova e pancetta, patate fritte, per poi passare ai dolci con muffin e apple pie. La tavola era accogliente e colorata. La precisione con cui era stata apparecchiata dava immediatamente un senso di calore e allegria.
Ci sedemmo al desco, i più abbastanza silenziosi ed in attesa degli eventi. A testimonianza che quanto accaduto pochi giorni prima era ancora vivo nella mente dei Fumosi, Pinochet guardava con sospetto tutti noi, silenzioso e con l’aria di chi medita qualcosa. Il Lurido sedeva con il bicchiere in mano e ad ogni movimento benediva tavola e invitati. Per l’occasione si era presentato con un vestito discretamente pulito, mi spingerei addirittura a definirlo “intonso” rispetto all’abbigliamento consueto; sono però altrettanto certo che la sedia su cui sedeva sarà stata bruciata un attimo dopo la sua uscita di scena. Jack Daniel, stranamente silenzioso e composto, trangugiava birra in attesa di poter appassionarsi ad una bottiglia di whisky che i suoi occhi avevano già individuato.. Ubaldo, che sedeva protetto tra me e Roxanne, era abbastanza a suo agio, anche se diventava paonazzo ogni volta che Roxanne incrociava lo sguardo con il suo o quando lo sfiorava con i polpastrelli delle dita per constatare lo stato d’animo. Poco dopo le nove, Ubaldo era già sdraiato sul divano immerso in un sonno profondo, disturbato però da continui scatti e altri improvvisi movimenti di mani, viso o occhi.
A poco a poco i Fumosi presero coraggio e la serata trascorse piacevolmente. Ancora una volta dovetti ricredermi; Roxanne mi aveva dato un’altra preziosa lezione sulla fiducia. Quando i ragazzi lasciarono l’abitazione, entrambi abbiamo avuto l’impressione che il furto della settimana prima era cosa passata.
Restai ancora un’oretta, chiacchierando allegramente e incrociando più volte i battiti del mio cuore con quelli di Roxanne. La aiutai a rimettere a posto quanto i Fumosi avevano calpestato, usato, distrutto. Ubaldo continuava a dormire, lo riportai a casa che non erano ancora le due.
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