Cari amici, amiche, parenti vicini e lontani,
Ho appena finito di vedere l’ultima puntata di Report “ Generazione a perdere”, tutte cose che – anche senza numeri e statistiche – sapevo già, perché le vivo quotidianamente.
Ho 32 anni e faccio l’attrice.
- A si, e dove? Cinema, televisione, teatro?
Insegno teatro, sono autrice e regista dei miei testi
- oh…
- ma allora non fai l’attrice!
Veramente ho una laurea in DAMS teatro – di cui vado fiera – sono diplomata attrice, ho 2 master in recitazione, ho fatto assistenza alla regia e ho una pluriennale esperienza nella produzione teatrale.
- Ah si, e in quale teatro?
Ho una mia associazione, da due anni collaboro con una onlus e l’asl di bologna per un progetto teatrale per bambini vittime di abusi e maltrattamenti, con ottimi risultati; ho lavorato all’interno del carcere minorile di Bologna, in passato con un centro contro la violenza alle donne, faccio teatro sociale
- Ma allora non fai l’attrice!
Beh, non l’ho data a nessuno, e dopo diversi provini in cui il sottotesto era sempre “ Me la dai?” mi sono un pò schifata e ho sfruttato le mie capacità, le mie competenze per utilizzarle nel campo del sociale…
Ma perché cazzo mi devo giustificare?
Questo è un dialogo – tipo che mi trovo spesso ad affrontare quando conosco nuove persone, o quando qualcuno mi chiede come va.
Il fatto stesso di aver scelto di fare l’attrice, mi toglie da qualsiasi categoria dei giovani d’oggi
- in fondo, la precarietà è insita in questo mondo
Ma chi cazzo te l’ha detto?
In realtà, mi trovo di fronte gli stessi muri e gli stessi pregiudizi che si presentano ai miei coetanei: sono giovane, dunque ho poca esperienza, dunque ho sempre bisogno di qualcuno che mi “guidi”, sennò la vitalità giovanile mi porterebbe per forza di cosa a fare degli errori madornali!
Per un bel pò di anni ho creduto a queste balle.
Adesso basta.
Sono giovane, capace, meritevole come la maggior parte dei miei coetanei e la totalità dei miei amici – sì, i miei amici sono giovani, capaci, meritevoli.
Ci mettiamo passione, impegno, professionalità in ciò che facciamo, scontrandoci troppo spesso con una mediocrità senza limite, con una gerontocrazia gerontofila, autoreferenziale e distruttiva.
Lavoriamo il doppio dei nostri padri e madri per potere lavorare, la maggior parte delle volte senza avere nessun riconoscimento, né morale né tantomeno economico, del nostro valore, anzi, spesso ci viene data una pacca sulla spalla e ci sentiamo dire “ Beh, di questi tempi devi ringraziare!”
Ma de che?!!
Ho 32 anni, mia madre alla mia età era incinta di me, era una “primipara attempata”, aveva una laurea, una specializzazione e un lavoro, aveva scelto di avere un figlio, ha avuto questa libertà, nel 1978.
Io questo diritto non ce l’ho. Nel 2011 io non ho il diritto di scegliere del mio corpo.
Ho scelto di fare teatro sociale per aiutare, nel mio piccolo, le altre persone e questo fa di me “una persona di buon cuore”, quasi una volontaria della carità.
Col ciufolo!
Lo faccio perché mi piace farlo e – che cazzo – sono brava, innovativa in quello che faccio, è il mio lavoro.
Sta’ pippa del volontariato è una fregatura immensa.
La nostra generazione è sfruttata sotto la bandiera di varie forme di “volontariato”
- Fai uno stage, è un’opportunità da cogliere e non vieni pagato
- Guarda, non sono previsti compensi, ma stai sicuro che i contatti che prenderai ti porteranno a qualcosa!
- Ti possiamo dare 250 euro al mese, è un’inizio
- E’ un progetto molto nobile, ma troppo elaborato
- Interessante, ma con la crisi…
- Sai, non ti conosciamo, dunque dovremmo fare un periodo di prova, purtroppo con tutti questi tagli non possiamo permetterci di dare stipendi
- Senti, mi fai anche questa cosina? Così fai esperienza
Ho per caso scritto “Giocondo” in fronte?
Perché io queste baggianate me le sento rifilare da dieci anni. A 22 anni potevo anche capire, anzi, era vero: ero giovane, con poca esperienza. Ma a 32 mi sento presa per i fondelli!
Voi no?
Le alternative sono lavorare per una miseria o lavorare “a gratis”.
L’ “a gratis” è ormai diventata una forma di retribuzione che svuota il lavoro del suo significato.
Poi, quando ti ritrovi al 10 del mese che hai finito i soldi, come lo spieghi ai tuoi genitori?
Si, perché dobbiamo ancora chiedere la paghetta.
Con la differenza che non sono i due soldini a settimana delle elementari, ma 200, 500, 1000 o più euro al mese.
Noi siamo figli imperituri, e in quanto tali sempre inadatti, mai capaci di prenderci responsabilità, figuriamoci di mettere al mondo una vita. Siamo i bamboccioni che rimangono in casa perché non si accontentano, siamo dei perenni adolescenti che puntano i piedi perché con una laurea in astrofisica non vogliono andare a lavorare alle poste, siamo bambini capricciosi e ingrati perché sbattiamo la porta di fronte a “grandi opportunità”
- Quando io ero giovane mi sono dovuto sudare le cose!
E mi dispiace per te, tanti complimenti ma, allora, per che cosa l’avete fatto sto benedetto ’68? E per chi?
Sono un’imperitura adolescente ingrata e non ringrazio i miei padri per il ’68, ma i miei nonni per la resistenza e la liberazione dal nazi-fascismo.
Sono figlia di una generazione di figli imperituri, di perenni “ragazzi”, “compagni”, di “ fatti da soli”, di sempiterni giovani dei dell’olimpo al cui livello, povera piccola mortale, io non arriverò mai, non sarò mai degna di sedere al loro pari.
Siamo “bravi ragazzi” che più di tanto non si ribellano alla generazione precedente, i nostri figli-genitori l’hanno già fatto per tutte le generazioni future.
Ma ne siamo proprio sicuri?
Eppure corriamo molti più rischi dei nostri figli-padri, ci prendiamo molte più responsabilità, lottiamo quotidianamente contro le discriminazione di genere, con più determinazione e capillarità delle nostre figlie-madri.
Lo facciamo con i nostri linguaggi, con i nostri metodi, che, spesso, i figli-dei non capiscono perché il 2.0 non prende da lassù.
Abbiamo, ormai, una corazza che ci protegge dalla mediocrità, dalle calunnie, cadiamo e ci rialziamo più velocemente di speedy gonzales.
Ci barcameniamo in un paese in cui siamo invisibili, in cui siamo peso e non risorsa.
Spesso tiriamo fuori la valigia, pronti a partire per porti più fecondi, per poi guardare fuori dalla finestra e incaponirci, caparbi, nel volere un posto per noi.
Siamo i maestri del risparmio, delle vacanze fai-da-te, dei buoni sconto con cui, però, ci compriamo lo champagne!
Siamo gli equilibristi della relazione, teniamo insieme i nostri Amori nonostante sarebbe ben più facile trovarci il miliardario di turno, perché pretendiamo rispetto, in primis per noi stessi.
Siamo i figli e le figlie che amano, accudiscono e aiutano i Benjamin Button che sono i nostri padri.
Facciamo figli, perché siamo Vita.
Se non li facciamo è per senso di responsabilità e di grande rispetto per questa cosa chiamata Vita.
Siamo giovani, capaci, meritevoli,siamo vivi e questo mondo ci appartiene.
Prendiamocelo.
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